Tramite l’ordinanza n. 16331/2025, la Cassazione civile, sez. I, affronta una vicenda di decadenza dalla responsabilità genitoriale e dichiarazione dello stato di adottabilità di un minore, in un contesto segnato da incertezze sull’identità biologica e da conflitti tra aspirazioni adottive e tutela dell’interesse del minore. Il provvedimento offre spunti in tema di bilanciamento tra il principio del favor veritatis e quello del favor minoris, nonché sulla corretta operatività dell’art. 8 della L. n. 184/1983 e dell’art. 30 della Costituzione.
Con la sentenza 1° luglio 2025, n. 90 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 168-bis, comma 1, c.p., nella parte in cui non consente la sospensione del procedimento con messa alla prova per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, D.P.R. ottobre 1990, n. 309.
Il Tribunale di Napoli Nord, con la sentenza n. 1758 del 16 aprile 2025, ha affrontato la questione della validità del licenziamento comunicato tramite WhatsApp, con allegato il modello UniLav. Il giudice ha stabilito che la comunicazione del licenziamento, anche se effettuata attraverso strumenti informatici come WhatsApp, soddisfa il requisito della forma scritta previsto dall’art. 2 della L. n. 604/1966, purché la comunicazione contenga le generalità delle parti, gli estremi del rapporto di lavoro, la data e la motivazione del recesso, e sia effettivamente portata a conoscenza del lavoratore. La sentenza sottolinea che la ricezione e la conoscenza da parte del lavoratore sono elementi essenziali per la validità della comunicazione, e che la trasmissione del modello UniLav tramite WhatsApp, se non contestata e seguita da una reazione del lavoratore (come l’impugnazione del licenziamento), integra pienamente i requisiti di legge. La decisione si inserisce in un orientamento giurisprudenziale che riconosce la validità delle comunicazioni di licenziamento effettuate con mezzi informatici, purché garantiscano certezza e trasparenza nella manifestazione della volontà datoriale.
Con la sentenza 16 giugno 2025, n. 22579 in commento, la Terza Sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato che le raffigurazioni pornografiche “virtuali” di minorenni – quali disegni, fumetti o immagini create al computer – possono integrare reato ai sensi dell’art. 600-quater.1 c.p. qualora realizzate con tecniche di elaborazione grafica, non associate in tutto o in parte a situazioni reali, capaci di far apparire come vere situazioni non reali. La Corte ribadisce che il delitto di pornografia minorile virtuale costituisce un reato di pericolo concreto a tutela dello sviluppo psico-sessuale dei minori, estendendo la punibilità anche a materiale frutto di fantasia solo ove idoneo a simulare atti sessuali veri con minori. In applicazione di tali principi, è stata confermata la condanna dell’imputato, trovato in possesso di fumetti dal contenuto pedopornografico, ritenendo tali immagini dotate di quel grado di verosimiglianza tale da alimentare il mercato e la morbosità sessuale verso i bambini.
Pronunciandosi su due casi “italiani” in cui si discuteva della responsabilità del nostro Paese per l’impatto negativo dei cambiamenti climatici sulla vita dei cittadini, la Corte EDU li ha dichiarati inammissibili. I casi italiani (Ur. c. Italia e altri 31 Stati, n. 14615/21; De Co. c. Italia e altri 32 Stati, n. 14620/21) erano stati presentati da nostri concittadini che lamentavano, basandosi sugli articoli 2 (diritto alla vita), 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), 13 (diritto a un ricorso effettivo) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che le emissioni di gas serra di 33 Stati membri avrebbero causato il riscaldamento globale, provocando, tra le altre cose, eventi meteorologici estremi come ondate di calore e tempeste, che hanno influito sulle condizioni di vita e sulla salute mentale dei ricorrenti. In entrambi casi, la Corte di Strasburgo ha ritenuto che i ricorsi non soddisfacessero i criteri di ammissibilità stabiliti dagli articoli 34 e 35 della Convenzione o non rivelassero alcuna apparenza di violazione dei diritti e delle libertà sanciti dalla Convenzione o dai suoi Protocolli. Da qui, dunque, la declaratoria di inammissibilità.
Il Tribunale di Brescia, con sentenza n. 1884/2025, ha rigettato le domande di contraffazione del design non registrato avanzate da RRD Roberto Ricci Designs nei confronti di Essenza per il giaccone "Winter Parka Fur", escludendo sia la violazione dei diritti sul modello non registrato, sia la concorrenza sleale. La decisione evidenzia come nel settore dell'abbigliamento, caratterizzato da forte affollamento, elementi stilistici comuni non possono essere monopolizzati da un singolo produttore. Il Tribunale ha ritenuto decisivo il margine di libertà limitato del designer in un settore saturo, dove anche modeste variazioni estetiche sono sufficienti a differenziare i prodotti delle parti agli occhi dell'utilizzatore informato. La sentenza si inserisce nel dibattito sulla tutela del design nella fashion industry, confermando che per i modelli non registrati è necessaria una sovrapposizione pressoché assoluta tra prodotto imitante e quello imitato, vista la durata limitata della protezione (3 anni) e le difficoltà probatorie in capo a chi lamenta la contraffazione.
L’espressa dichiarazione del creditore di ricevere la prestazione a saldo di quanto dovutogli, non ha valore probatorio, perché non ha ad oggetto l’accadimento di un fatto. Essa non vale neppure come rinunzia ad eventuali crediti o all’eventuale differenza della prestazione, perché un tale significato negoziale non si desume con certezza da un atto di contenuto meramente dichiarativo. Affinché possa riconoscersi ad una quietanza a saldo, contenente la dichiarazione di non aver null'altro a pretendere, la funzione di porre termine a tutti i rapporti intercorrenti fra il dichiarante ed il destinatario (nella specie a seguito di contratto d'opera professionale) e, quindi, di esonerare il secondo da ogni ulteriore pagamento, occorre riscontrare la sussistenza di elementi, intrinseci ed estrinseci alla quietanza medesima, idonei ad evidenziarne inequivocamente la portata liberatoria ed abdicativa, e cioè la volontà dell'autore di rinunciare ad ogni ulteriore pretesa. A stabilirlo è la Cassazione con sentenza del 25 giugno 2025, n. 17033.
La competenza per il reclamo avverso i decreti del giudice tutelare va individuata nel Tribunale e non più nella Corte d’appello per tutti i decreti emessi all’esito di un procedimento instaurato, anche nell’ambito di un’amministrazione di sostegno già aperta, dopo il 28 febbraio 2023. Lo ha stabilito la Cassazione civile, sez. I, ordinanza 6 giugno 2025, n. 15189.
Con la sentenza n. 86 del 2025 il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. – dell’art. 2941, comma 1, n. 7), c.c., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le associazioni non riconosciute e i loro amministratori, finché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi, poiché la stessa difficoltà che incontra l’associazione riconosciuta (così come la s.n.c. e la s.a.s.) nell’avere contezza della responsabilità dei suoi amministratori e nel farla valere, fintantoché essi sono in carica, si rinviene, tal quale, nel caso dell’ente privo di personalità giuridica.
È consentito ricorrere all’avvalimento per la dimostrazione del possesso del requisito premiale della certificazione della parità di genere ma il relativo contratto deve individuare le risorse umane e materiali, i protocolli organizzativi e i piani aziendali messi concretamente a disposizione dell’ausiliato. Lo afferma la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5345 del 18 giugno 2025.
La Corte d’appello di Messina, con sentenza 9 giugno 2025, n. 454, ha confermato la lesività dell’installazione di un ascensore in un cortile condominiale rispetto ai diritti di proprietà degli altri condomini, in base all’art. 1102 c.c.
Non è integrato il delitto previsto all'art. 166, D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 dall’espletamento di servizi concernenti la compravendita di criptovalute in assenza di specifica abilitazione se svolti prima dell’entrata in vigore della normativa che, a iniziare dal D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 90, ha introdotto una espressa disciplina per le valute digitali (Cassazione penale, Sez. II, sentenza 17 giugno 2025, n. 22651).
I passeggeri che lamentano un danno causato dal notevole ritardo accumulato dal loro volo avrebbero diritto al risarcimento del danno, a meno che il vettore non sia in grado di dimostrare che tale ritardo è dovuto a fattori eccezionali e non prevedibili. È quanto stabilita dal Tribunale di Busto Arsizio con sentenza 2 giugno 2025, n. 671.
A seguito dell’intervento di Corte cost., 22 maggio 2025, n. 68 (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della L. n. 40 del 2004, nella parte in cui non prevede che anche il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero, in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale), anche la madre di intenzione ha diritto a essere riconosciuta madre del minore nato da PMA eterologa all’estero, con conseguente indicazione nell’atto di nascita. Lo stabilisce la Cassazione civile, sez. I, sentenza 5 giugno 2025, n. 15075.
Il presente contributo si propone di esaminare i recenti comunicati stampa diffusi da CONSOB e AGCM rispettivamente in data 6 giugno 2025 e in data 11 giugno 2025, i quali condividono la crescente preoccupazione e conseguente attenzione delle Autorità verso tutti quei soggetti che sfruttano la propria notorietà per condividere con i propri follower strategie di investimento, spesso chiedendo o comunque ottenendo una remunerazione per i consigli che forniscono: si tratta dei cd. “fininfluencer”, come definiti dalla stessa CONSOB nella citata comunicazione disponibile sul sito istituzionale della stessa. La disamina che segue si concentrerà sui profili di rischio connessi a tale attività e sulla necessità di interventi ad avviso degli scriventi più incisivi per contrastare il dilagante e pericoloso fenomeno dei “fininfluencer”, i quali, sovente poco attenti agli effettivi interessi dei propri follower, non provvedono a fornire loro le dovute informative e ad inserire i più opportuni disclaimer. A chiusura dell’articolo un passaggio prospettico sulle valutazioni che potrebbero essere svolte dal Comitato di Controllo dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria in merito al fenomeno in questione, con particolare riguardo all’attività promozionale svolta dal fininflunecer, effettuato valorizzando pronunce del Comitato stesso in casi affini.
In G.U. la L. 89/2025 sull’economia dello spazio e la Legge di delegazione europea 2024 (L. 91/2025). Il Consiglio dei ministri ha approvato tre decreti, tra cui uno per grandi eventi sportivi e uno per università e sanità. La Camera ha dato il via libera al ddl sull’intelligenza artificiale, che torna al Senato per l’approvazione definitiva: arriverà già alla fine della prossima settimana? La Commissione Affari costituzionali della Camera è alle prese con il ddl sulla manipolazione elettorale tramite intelligenza artificiale: ecco quali sono le novità.
Il presente articolo esamina la sentenza della Corte di Cassazione n. 14488 del 2025, nella quale, la Suprema Corte, interviene nuovamente sul delicato bilanciamento tra diritto all’oblio e interesse pubblico all’informazione, accogliendo il ricorso di un soggetto assolto in via definitiva per fatti di rilevanza penale ma ancora oggetto di indicizzazione su Google. La decisione, che ribalta l’esito del giudizio di primo grado, approfondisce il ruolo del fattore temporale, l’attualità dell’interesse collettivo e la rilevanza della posizione pubblica del soggetto coinvolto, chiarendo i confini legati al concetto di oblio digitale.
La Corte di Cassazione penale Sez. VI, con la sentenza 13 giugno 2025, n. 22294 statuisce che colui che macella l’animale, senza previo stordimento, in ossequio ad un rituale religioso, risponde del reato di cui all’art. 544-bis c.p. se la condotta non è posta in essere in apposite strutture qualificabili come «macelli» a norma di legge.
Con la sentenza 20 giugno 2025, n. 84 la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, della L.R. Sardegna n. 12/2024, nella parte in cui ha disposto che, sino al 31 dicembre 2024, i medici di medicina generale in quiescenza possono aderire, anche con contratti libero-professionali, ai progetti di assistenza primaria e continuità assistenziale attivati dalle Aziende sanitarie locali, per assicurare la completa copertura delle cure primarie nelle aree disagiate, e di disporre dei ricettari di cui all’art. 50 del D.L. n. 269/2003, poiché non è precluso alle regioni di adottare misure organizzative straordinarie e con una valenza temporalmente circoscritta, allorché tali misure costituiscano una pronta risposta alle criticità nella fruizione dei livelli essenziali di assistenza primaria sul proprio territorio.