In tema di mutuo, il c.d. mutuo solutorio si perfeziona con l’accredito delle somme sul conto corrente del mutuatario, che ne acquisisce la disponibilità giuridica, indipendentemente dal loro immediato impiego per l’estinzione di debiti pregressi. Il mutuo solutorio non costituisce figura contrattuale atipica, avendo il relativo sintagma mera valenza descrittiva del particolare utilizzo delle somme mutuate. L’accredito delle somme sul conto del mutuatario integra la datio rei propria del mutuo, escludendo la configurabilità di un pactum de non petendo per mancanza di effettivo spostamento patrimoniale. La destinazione delle somme mutuate al pagamento di debiti pregressi non comporta nullità o illegittimità del contratto, potendo rilevare, se del caso, soltanto ai fini dell’inefficacia verso i terzi ex artt. 2901 c.c. e 67 l. fall. In particolare, nel mutuo fondiario, la finalizzazione delle somme erogate al ripianamento di passività pregresse non determina mancanza di causa, essendo la causa del contratto costituita dall’immediata disponibilità della somma a fronte della garanzia ipotecaria e dell’obbligo di restituzione. Così ha stabilito l’ordinanza della Corte di cassazione n. 27077 del 9 ottobre 2025.
L’indicazione della data di stipula del definitivo nella sezione “D” della nota di trascrizione è rimessa alla volontà del redattore e fa parte del contenuto eventuale della stessa, fermo restando il protrarsi dell’effetto prenotativo della trascrizione del preliminare per il tempo stabilito dalla legge e impregiudicata l’eventuale configurabilità di una responsabilità civile del redattore della nota, che volontariamente abbia omesso un dato rilevante ai fini del completamento dell’effetto pubblicitario, dando luogo a un’asimmetria informativa nei confronti dei terzi che sia fonte di un danno ingiusto. È quanto statuito dal Tribunale di Lucca Sezione Civile con decreto n. 7134/2025.
L’articolo analizza il contrasto tra l’approccio regolatorio europeo all’intelligenza artificiale, ispirato alla separazione dei poteri di Montesquieu, e la deregulation statunitense promossa dall’amministrazione Trump. Mentre l’UE, con l’AI Act e la legge italiana n. 132/2025, mira a garantire trasparenza, antropocentrismo e tutela dei dati, gli USA privilegiano l’innovazione libera, delegando alla magistratura la regolazione ex post. Tale scelta comporta rischi di frammentazione giurisprudenziale e di eccessivo potere giudiziario, in contrasto con i principi classici dello Stato di diritto.
Il Tribunale di Roma con la sentenza n. 9194 del 23 settembre 2025 ha ritenuto legittimo il trasferimento del ramo “Credito Anomalo Retail” di una Banca ad una Società di gestione di crediti, affermando che la riorganizzazione attuata in vista della cessione soddisfa i requisiti di preesistenza e autonomia funzionale richiesti dall’art. 2112 c.c. La pronuncia segna un’evoluzione nella giurisprudenza in tema di preesistenza del ramo d’azienda.
La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza del 6 ottobre 2025, n. 1399, ha confermato la sentenza di prime cure che ha riconosciuto la responsabilità di un Comune nei confronti di una dipendente per averne diffuso i dati personali e sensibili per finalità estranee al trattamento, condannando l’Ente al risarcimento del danno non patrimoniale subito dalla lavoratrice ed al pagamento delle spese di lite.
La Cassazione penale, Sez. II, con la sentenza 22 ottobre 2025, n. 34380, ritiene che la condizione ostativa per la quale non si può accedere alle pene sostitutive qualora sia in gioco un delitto tra quello indicati nel catalogo contenuto nell'art. 4-bisord. penit., opera sulla base della mera contestazione di uno di tali reati (anche alla luce del recente pronunciamento della Corte costituzionale); ne consegue che l’eventuale applicazione della pena sostitutiva in presenza del chiaro divieto di legge comporta l’illegalità della pena.
Il danno da deprivazione genitoriale conseguente al mancato riconoscimento del figlio presuppone la consapevolezza, da parte del genitore, della procreazione. Tale cognizione, pur non identificandosi con la certezza assoluta, richiede comunque una conoscenza matura dell’avvenuta procreazione, non automaticamente desumibile dal mero fatto storico della consumazione di rapporti sessuali non protetti con la madre, ma anche da ulteriori elementi rilevanti, specificamente allegati e provati da chi agisce in giudizio. Occorre che il genitore abbia omesso di assolvere consapevolmente e intenzionalmente i propri doveri, oppure che abbia ignorato, per colpa, l’esistenza del rapporto di filiazione, omettendo di compiere azioni idonee a dissipare ogni eventuale dubbio. Lo stabilisce la Corte d'Appello Bari, sez. I, sentenza 30 settembre 2025, n. 1370.
Il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale prefallimentare è reato di pericolo concreto, in quanto l'atto di depauperamento, incidendo negativamente sulla consistenza del patrimonio sociale, deve essere idoneo a creare un pericolo reale per il soddisfacimento delle ragioni creditorie, che deve permanere fino al tempo che precede l'apertura della procedura fallimentare, sicché, ai fini della prova del reato, il giudice, oltre alla constatazione dell'esistenza dell'atto distrattivo, deve valutare la qualità del distacco patrimoniale che ad esso consegue, ossia il suo reale valore economico concretamente idoneo a recare danno ai creditori. Così si è espressa la Cassazione penale con la sentenza n. 35403/2025.
Nell’era della rivoluzione introdotta dall’intelligenza artificiale, i sistemi si stanno evolvendo non essendo più soltanto uno strumento di supporto, ma un potenziale osservatore. Mentre chatbot e assistenti virtuali si diffondono in ogni ambito della vita quotidiana, cresce il timore che la conversazione con una macchina possa non restare più privata. È lo scenario, sempre più discusso, di sistemi di AI “sentinella”, capaci di segnalare alle Autorità comportamenti o frasi considerate sospette.
La Corte costituzionale con la sentenza 30 ottobre 2025, n. 156 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale – in riferimento agli artt. 3 e 39 Cost. – dell’art. 19, comma 1, st. lav., nella parte in cui non prevede che le rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva anche nell’ambito delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, poiché, nei rapporti sindacali di diritto privato esterni al sistema interconfederale, l’ammissione di un’associazione dei lavoratori alle trattative è condizionata dalle scelte discrezionali della parte datoriale.
Con l’approvazione della Legge 23 dicembre 2025, n. 132, il nostro ordinamento ha posto una prima base per l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale all’interno del procedimento penale. Tuttavia, sin dalla fase delle indagini preliminari, si pongono diversi profili di criticità in relazione ai principi cardine del processo penale, sia con riferimento alle attività di contrasto che alle attività di polizia giudiziaria in senso stretto. Ancor di più se si ipotizzano forme di giustizia predittiva, senza dimenticare le implicazioni processuali dettate dall’introduzione di sistemi di IA nel compendio probatorio su cui si fonda la pronuncia del giudicante. Appare dunque doveroso interrogarsi sui punti di contatto tra gli effetti dirompenti dell’utilizzo di strumenti di IA e le garanzie irrinunciabili del giusto processo.
Ai fini dell’accertamento della comunione legale, non ha valore confessorio la mera dichiarazione del coniuge non acquirente resa in sede di acquisto del bene, allorquando manchi l’espressa indicazione della provenienza delle somme impiegate da risorse personali di una delle parti, tale da escludere la confluenza dell’oggetto dell’acquisto nel regime patrimoniale ordinario. Lo stabilisce la Corte di appello di Bologna, sentenza 7 ottobre 2025 n. 1687.
Con sentenza del 2 settembre 2025, n. 155 il Tribunale di Ferrara, sezione lavoro, ha confermato la legittimità della condotta del Committente che, in seguito alla comunicazione di disdetta di un contratto di appalto, ha utilizzato propri dipendenti per “sostituire” i dipendenti scioperanti dell’appaltatore. In tali ipotesi, non sussiste alcuna condotta antisindacale, sia per il difetto di legittimazione passiva del committente, in quanto soggetto terzo rispetto al datore di lavoro appaltatore, sia perché nel caso concreto il committente non ha assunto personale esterno, né ha utilizzato beni e/o mezzi della società appaltatrice, senza subire alcuna ingerenza da parte di quest’ultima.
La riforma della tutela dei legittimari, che dichiara di perseguire la tutela del mercato, porterà due novità: le donazioni che ledono la legittima resteranno sì passibili di riduzione, ma solo se i beni non siano stati nuovamente trasferiti a titolo oneroso dal donatario, perché in questo caso i terzi avranno acquistato bene, salva la trascrizione della domanda di riduzione. Inoltre, le garanzie reali concesse sul bene oggetto di donazione saranno salve e saranno opponibili al legittimario che agisca in riduzione. L’unico a dover pagare sarà quindi il donatario. C’è invece un chiarimento -o miglioramento a seconda di come si interpretassero le disposizioni anteriori- in caso di lesione di legittima operata con il testamento, perché l’azione di riduzione esercitata entro 3 anni dall’apertura della successione pregiudicherà gli acquisti, anche a titolo oneroso, fatti dai terzi aventi causa dell’erede o legatario superbeneficiato. Qui il mercato non è tutelato, almeno fino a che non siano passati quei tre anni. Quanto alla disciplina intertemporale, la legge metterà una tagliola semestrale, ma si è dimenticata di regolare gli effetti delle mediazioni obbligatorie.
Con sentenza n. 765 del 7 ottobre 2025, il Tribunale Grosseto si occupa di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo in cui erano state poste varie domande, tra cui la principale era quella dell’assunta illiceità del contratto dedotto in causa per asserita violazione del divieto di patto commissorio. Il citato Tribunale ha escluso detta violazione sulla base di una corretta interpretazione degli artt. 1963 e 2744 c.c., alla stregua della “ratio” che il legislatore ha inteso perseguire attraverso le relative previsioni.
La sentenza n. 493/2025 del Tribunale di Marsala affronta la natura giuridica dell’assegno bancario quale promessa di pagamento ex art. 1988 c.c., evidenziando la presunzione iuris tantum dell’esistenza del rapporto sottostante. Il giudice conferma il decreto ingiuntivo, rilevando l’assenza di prova contraria da parte dell’opponente. Viene ribadita l’inversione dell’onere probatorio e la struttura bifasica del procedimento monitorio, con richiamo agli orientamenti giurisprudenziali consolidati. La decisione si inserisce nel dibattito sull’efficacia probatoria dell’assegno privo di valore cartolare nei rapporti diretti tra le parti.
La Sesta Sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza 21 ottobre 2025, n. 34306 ha affermato che le somme derivate dall’estinzione di una polizza assicurativa per effetto del recesso esercitato dall’assicurato prima della scadenza contrattuale, ove dallo stesso non reinvestite in funzione previdenziale, non soggiacciono ai limiti di impignorabilità previsti dall’art. 545 c.p.c. per le somme spettanti a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, sicché sono assoggettabili a confisca per equivalente in relazione al delitto di riciclaggio e al sequestro ad essa finalizzato, entro i limiti del vantaggio patrimoniale conseguito dal suo autore, essendo venuta meno la funzione demografico-previdenziale sottesa al contratto assicurativo.
La Corte di cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 9 ottobre 2025, n. 33511 censura la richiesta del difensore, che aveva richiesto di conoscere i files di log, perché “prospettata in termini puramente esplorativi”, senza indicare eventuali violazioni del procedimento di captazione.