Dopo un accordo di negoziazione assistita per la pronuncia di separazione personale, autorizzato dal PM, il ricorrente eccepiva la sopravvenienza di giustificati motivi (peggioramento della propria situazione economica) e chiedeva la modifica delle condizioni concordate. La resistente restava contumace. Il Tribunale accoglieva la domanda, riducendo l’assegno di mantenimento in favore dei figli, e la rigettava per la parte relativa al pagamento delle utenze e alle spese straordinarie. Lo stabilisce il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sentenza 23 giugno 2025, n 2075.
È inammissibile il ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello che, nel confermare la decisione di primo grado di rigetto della responsabilità professionale dell’avvocato, aveva, tra l’altro, osservato che la domanda risarcitoria – in relazione alla quale era stata svolta la prestazione professionale - era stata ritenuta non fondata nel merito, evidenziandosi, per un verso, il carattere generico dei comportamenti addebitati al datore di lavoro della cliente ed escludendosi, per altro verso, che le diverse sanzioni disciplinari irrogate alla lavoratrice potessero essere considerate espressioni di una condotta di mobbing. A confermarlo è la Cassazione civile con ordinanza 15 luglio 2025, n. 19439.
La sentenza della Corte di Giustizia UE del 19 giugno 2025, causa C-671/23, ha esaminato, tra l’altro, in particolare, la compatibilità con l’articolo 59 della Direttiva (UE) 2015/849 – c.d. Quarta Direttiva antiriciclaggio - di una normativa o prassi nazionale (nel caso di specie quella lituana) sulle sanzioni per violazioni sistematiche della normativa antiriciclaggio da parte dei soggetti obbligati (banche, intermediari finanziari, professionisti etc.). Essa fornisce importanti indicazioni circa i limiti posti dalla normativa europea al potere dei legislatori nazionali in materia di sanzioni, sia in relazione al diritto vigente, in attuazione della Quarta Direttiva, sia in relazione alla prossima attuazione della Sesta Direttiva (in Italia in base alla legge di delegazione europea n. 91/2025).
La Cassazione civile, Sez. Un., con la sentenza 30 giugno 2025, n. 17603 ha ripensato e fatto ripensare al processo con rito del lavoro, non solo per quello che è ma anche per quel che è stato. In precedenza, l’ordinanza interlocutoria Cass. civ. n. 11898/2024, che ha portato alla sentenza del 2025, aveva fornito un substrato culturale e non solo normativo, instaurando un dialogo fra dottrina e giurisprudenza in cui la prevalenza sembra riconosciuta alla giurisprudenza e non solo perché l’ultima parola è dei giudici. Con interpretazione in via di continuità con le norme previgenti, la Cassazione a Sezioni Unite ammette che note scritte possano sostituire l’udienza finale di discussione orale, ma per arrivare a tale conclusione pone alcuni «adattamenti» rispetto alla legge utilizzando la teoria generale dell’interpretazione dei testi.
La normativa europea in materia di Anti-Riciclaggio (AML) e Contrasto al Finanziamento del Terrorismo (CFT) si sta evolvendo per rafforzare l'integrità del sistema finanziario dell'Unione. La Direttiva (UE) 2024/1640 e il Regolamento (UE) 2024/1624, entrambi oggetto di recepimento con la legge di delegazione europea 2025 (l. n. 91/2025), mirano a fornire un quadro giuridico più coerente ed efficace e per la prima volta cercano un contemperamento con l’utilizzo dell’AI e la protezione dati personali.
La Sezione Tributaria della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 17584 del 30 giugno 2025, ha affermato che in tema di definizione agevolata, il giudizio avente ad oggetto l'impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36-bisd.P.R. n. 600 del 1973, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ex art. 6D.L. n. 119 del 2018, convertito dalla legge n. 136 del 2018, anche qualora la predetta cartella sia stata preceduta dalla notificazione dell’avviso di irregolarità (cd. avviso bonario).
Ai fini della liquidazione delle spese processuali a carico della parte soccombente, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate. È quanto si legge nella sentenza dell’11 luglio 2025, n. 19049 della Cassazione civile.
La Ferrari mantiene i diritti sul marchio denominativo Testarossa. Il Tribunale dell’Ue, con due sentenze nelle cause T-1103/23 e T-1104/23, ha annullato le decisioni dell’EUIPO con le quali la casa automobilistica era stata dichiarata decaduta dai suoi diritti sul marchio denominativo Testarossa per alcuni prodotti tra i quali automobili, pezzi di ricambio e accessori, nonché modelli in miniatura di automobili in quanto divenuto nullo. La Ferrari ha prodotto il modello Testarossa tra il 1984 e il 1996, realizzando non molti esemplari. Per un periodo di cinque anni, tra il 2010 e il 2015, tale marchio non era stato più usato nell’Unione europea portando a ritenere che i diritti di utilizzo del nome fossero decaduti. Nessuna decadenza: il Tribunale ha chiarito che anche se il marchio Testarossa abbia interessato per un periodo solo il mercato dell’usato, non si esclude la rilevanza e l’uso per la titolare Ferrari.
La Cassazione civile, ordinanza n. 16399 del 18 giugno 2025, ha dichiarato che unico mezzo valido di convocazione con una e-mail è con una posta elettronica certificata e che, quindi, una mail ordinaria non può produrre alcun effetto ai fini della valida convocazione; il condomino non convocato può sempre decidere, comunque, di non impugnare l’assemblea, in quanto non di suo interesse.
Il Tar Sicilia, sez. III, sentenza 19 giugno 2025 n. 1945 tratta il tema sulla sussistenza o meno di accesso alla sola visione del Documento di Valutazione dei Rischi (D.V.R.) di un lavoratore dell’Istituto scolastico presso il quale insegna.
Si possono irrogare sanzioni interdittive nei confronti dell’ente solo in presenza, alternativa, dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1, lett. a) e b) d.lgs. 231/2001, la cui sussistenza impone al giudice un puntuale onere motivazionale; in particolare, il profitto di rilevante entità - inteso nella sua accezione “dinamica” - deve essere valutato tenendo conto dell’oggettiva consistenza quantitativa dell’utilità conseguita, nonché, in mancanza, della sua concreta incidenza sulla struttura e l’attività dell’ente coinvolto. Così ha deciso la Cassazione penale con la sentenza n. 23329/2025.
In attesa della definitiva messa a regime della digitalizzazione del rito penale analizziamo il formante giurisprudenziale su molti istituti del processo penale telematico in questa delicata fase di transizione; passaggio segnato da incertezze e (dis)orientamenti ove all’interno degli aperti contrasti giurisprudenziali dinanzi alla Suprema Corte si incuneano per gli avvocati i rischi di pericolose inammissibilità.
Con la sentenza n. 93 del 2025 il Giudice delle leggi ha dichiarato – in riferimento all’art. 3 Cost. e all’art. 49CDFUE – l’illegittimità costituzionale, nei termini di cui in motivazione, dell’art. 70, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione agli artt. 282 e 301 del d.P.R. n. 43 del 1973, poiché l’irrogazione della confisca obbligatoria di cui all’art. 301t.u. dogane, in aggiunta alle sanzioni pecuniarie amministrative, comporta un cumulo sanzionatorio sproporzionato e disallineato rispetto al trattamento previsto per analoghe violazioni relative all’IVA interna, chiarendo che, anche se ora esplicitamente qualificata dal legislatore come diritto di confine, l’IVA all’importazione ha una natura radicalmente diversa dai dazi doganali e tale struttura non può essere incisa dalla suddetta qualificazione.
La Corte costituzionale, con la sentenza del 10 luglio 2025, n. 105, pur ritenendo opinabile la scelta legislativa concernente la perdurante rilevanza penale dell’art. 639 c.p. a fronte del differente trattamento riconosciuto a talune ipotesi di danneggiamento, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto la configurazione, come illecito penale, del deturpamento o imbrattamento di cose altrui.
La nozione di grave illecito professionale, ferma la necessaria valutazione discrezionale della stazione appaltante, ricomprende ogni condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, contraria a un dovere posto da una norma giuridica di natura civile, penale o amministrativa e non prevede un numero chiuso di illeciti professionali; ciò avuto riguardo alla formula aperta dell’art. 80 comma 5 lett. c) del D.lgs. n. 50 del 2016 (“la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”) al contrario della previsione di cui all’art. 98 comma 3 del D.lgs. n. 36 del 2023 che ha provveduto a tipizzare anche l’illecito professionale. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 28 maggio 2025, n. 4635.
Con provvedimento d’urgenza, emanato il 23 maggio 2025, l’Oberlandesgericht Köln ha respinto l’azione inibitoria presentata dall’associazione dei consumatori “Verbraucherzentrale NRW” contro Meta, cioè la holding di Facebook e Instagram. L’intento di tale azione giudiziaria era di impedire l’uso dei dati resi pubblici dagli utenti dei summenzionati social network a fini di training dei programmi di AI. Vediamo perché il ricorso non è stato accolto.
Con la sentenza n. 94 del 3 luglio 2025 la Corte costituzionale ha dichiarato – in riferimento all’art. 3 Cost. – l’illegittimità costituzionale, con decorrenza dal giorno successivo a quello di pubblicazione, dell’art. 1, comma 16, della L. n. 335/1995, nella parte in cui non esclude dal divieto di applicazione delle disposizioni sull’integrazione al minimo di tutti i trattamenti pensionistici l’assegno ordinario d’invalidità liquidato interamente con il sistema contributivo, poiché l’assegno in questione è stato sempre oggetto di una disciplina peculiare e più benevola, in quanto volta a fronteggiare uno stato di bisogno meritevole di particolare tutela.
È legittimamente ritenuta, ai sensi dell’art. 147, lett. a) legge n. 89 del 1913, la responsabilità disciplinare del notaio che certifichi il diritto all’uso legale di un titolo nobiliare, in quanto la XIV disp. trans Cost. esclude in maniera radicale e originaria ogni rilevanza giuridica dei detti titoli (siccome incompatibili con la forma repubblicana) e, pertanto, qualsivoglia ancorché innominata ipotesi d’un loro uso legittimo, essendo consentita dal secondo comma della citata disp. trans., da interpretarsi quale norma di chiusura, la sola aggiunta al nome (c.d. cognomizzazione) del predicato (di titoli esistenti prima del 28 ottobre 1922), il quale ultimo, ai soli fini anzi detti, restituisce del titolo solo la parte indicante un toponimo. Così ha stabilito la Cassazione civile con la sentenza n. 18740/2025.
Pubblicata in G.U. la L. 100/2025 di conversione del D.L. sulla responsabilità erariale. Approvato alla Camera il ddl sulle zone montane e votata la fiducia sul D.L. infrastrutture. Il Senato ha dato il via libera definitivo alla legge a tutela dei lavoratori oncologici e ha approvato la legge quadro sugli interporti. Prosegue l’esame della ddl sulla separazione delle carriere. In Commissione avanti su fisco, premierato, femminicidio e intelligenza artificiale.
Nel determinare l'adeguatezza della misura cautelare intramuraria adottata nei confronti del minore, non si può prescindere da una valutazione che tenga altresì conto delle sue possibili prospettive di recupero (Cassazione penale, Sez. I, sentenza 3 luglio 2025, n. 24512).