La Corte di appello di Milano, sentenza 9 giugno 2025, n. 1644, incentra la sua attenzione su una problematica di estrema attualità, ovvero quella concernente l’individuazione del soggetto giuridico tenuto all’onere del pagamento delle spese resesi necessarie per le prestazioni socio-assistenziali in favore dei malati di Alzheimer, giungendo alla conclusione – in riforma della pronuncia di primo grado e conformandosi agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità – che esso grava sul Servizio sanitario pubblico sulla scorta della valorizzazione al massimo livello della tutela di diritto alla salute, senza che, perciò, possa sortire alcun effetto l’eventuale accordo di ricovero implicante l’assunzione di un impegno unilaterale, proveniente dal fruitore del servizio, al pagamento della retta.
La Corte di Cassazione civile, con la sentenza 29 agosto 2025, n. 24204, ha rigettato il ricorso di una società che lamentava atti di concorrenza sleale da parte di ex dipendenti, fondando le proprie accuse su comunicazioni e-mail acquisite da account personali. La Suprema Corte ha confermato l’inutilizzabilità della prova informatica, ribadendo i principi di tutela della privacy e i limiti del controllo datoriale, anche in fase post-contrattuale.
Con la sentenza n. 30109/2025 la Corte di cassazione riconosce che il giudice di merito può giustificare il difetto di periculum in mora preclusivo del sequestro preventivo confiscatorio per illeciti tributari anche sulla base dall’ammissione del debitore ad una procedura di composizione negoziata della crisi, motivazione ritenuta insuscettibile di riforma in sede di legittimità. Una soluzione probabilmente imposta dal peculiare parametro del controllo affidato al giudice di legittimità avverso le ordinanze emesse in sede di riesame contro i provvedimenti di sequestro preventivo ma che consente di riferire, più in generale, alla gestione della crisi con trasparenti strumenti concorsuali o negoziali un significato tranquillizzante, utile per escludere il periculum in mora di modo da precludere il sequestro preventivo confiscatorio anche in difetto della prova che sia in corso l’estinzione del debito tributario mediante rateizzazione.
L’amministratore di una società a responsabilità limitata è tenuto ad agire con la diligenza dovuta in ragione della natura dell’attività svolta e non deve trovarsi in situazioni di conflitto di interessi con la società amministrata. Sussiste, pertanto, la sua responsabilità, anche indipendentemente dallo stato di insolvenza della società, qualora ponga in essere operazioni (come il pagamento di debiti verso società allo stesso riconducibili) che siano incompatibili con l’interesse della società amministrata e siano stati per la stessa fonte di pregiudizio economico. Questo è quanto stabilito dalla Cassazione civile con l’ordinanza n. 23963/2025.
Con il seguente contributo si intende analizzare la definizione di "titolare dei dati" nel Regolamento (UE) 2023/2854 (Data Act), per suggerire un criterio pratico al fine di individuare quali soggetti rientrino in tale definizione. Ciò nasce dall'esigenza di dirimere due questioni interpretative connesse a tale definizione e, cioè, la scarsa chiarezza nella parte finale della definizione e il ragionamento circolare insito nella stessa.
La ratio dell’istituto della revisione prezzi, ex art. 60D.lgs. n. 36/2023, è volta a garantire l’interesse pubblico alla perdurante qualità delle prestazioni contrattuali evitando che il corrispettivo subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è avvenuta la stipulazione del contratto e allo stesso tempo a tutelare anche l’interesse dell’impresa a non subire alterazioni dell’equilibrio contrattuale per l’incremento dei costi sopravvenuto durante l’arco del rapporto, che potrebbe indurla ad una surrettizia riduzione degli standards qualitativi delle prestazioni. I futuri scatti salariali previsti dal nuovo contrato collettivo già noti al momento dell’indizione della procedura concorsuale e della presentazione dell’offerta - che nel corso dello svolgimento del servizio andranno a interessare i dipendenti dell’appaltatore – non possono rientrare tra le condizioni di natura oggettiva che determinano una variazione del costo dell’opera, della fornitura o del servizio, in grado di far scattare il meccanismo della revisione prezzi. Gli stessi non possono essere considerati degli eventi futuri che l’operatore possa tralasciare di calcolare in modo completo in sede di formulazione dell’offerta, rimettendosi all’operatività del meccanismo di revisione. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 25 luglio 2025, n. 6638.
Il contributo ricostruisce l’elaborazione pretoria in materia di risarcimento del danno da perdita di chance di sopravvivenza. Alla luce del quadro giurisprudenziale di riferimento, vengono analizzati i passaggi salienti della sentenza resa dal Tribunale di Urbino il 19 giugno 2025, n. 144, intervenuta nella controversia promossa da una donna nei confronti della struttura sanitaria dove era deceduto suo figlio al quale, per carenze organizzative, era stato negato l’accesso a opzioni diagnostiche e terapeutiche che gli avrebbero non già garantito la certezza di un prolungamento dell’esistenza, ma quantomeno offerto la possibilità di vivere più a lungo.
Il Regolamento (UE) 2024/2854 (“Data Act”) è soltanto l’ultimo tassello del complesso quadro normativo in materia di dati e tecnologie ICT dell’Unione Europea. Esso si inserisce, infatti, nella più ampia strategia europea volta a favorire lo sviluppo del mercato dei dati, incoraggiando soprattutto la concorrenza e aprendo auspicabilmente nuove opportunità di business per le aziende europee. Poiché gran parte degli obblighi del Data Act sono entrati in vigore il 12 settembre scorso, risulta fondamentale prendere coscienza quanto prima del suo contenuto e degli obblighi da non sottovalutare in un’ottica di compliance integrata.
Le operazioni gravemente imprudenti ai sensi dell’art. 323, lett. b), d.lgs. n. 14 del 2019, integranti il delitto di bancarotta semplice, sono quelle finalisticamente orientate a ritardare il fallimento, ma ad un tempo caratterizzate da grave avventatezza o spregiudicatezza, che superino i limiti dell'ordinaria “imprudenza” e la loro sussistenza non è inficiata dal riconoscimento che la scelta di proseguire nell’esercizio dell’attività imprenditoria sia effettuata nell’interesse dell’impresa. Così ha disposto la Cassazione penale con la sentenza n. 29457/2025.
In G.U. il D.L. 127/2025 con misure urgenti per la riforma dell’esame di Stato e l’avvio dell’anno scolastico. Ok dal CdM al D.Lgs. sull’energia rinnovabile e al ddl delega per la riforma dei commercialisti. Via libera definitivo al ddl sulle zone montane. In Aula, primo placet del Senato alla conversione del D.L. 110/2025 su Agenas e Bambino Gesù. In Commissione, procede l’esame degli emendamenti al ddl sulla morte volontaria assistita.
La Corte di cassazione, Sez. IV penale, con sentenza n. 30039 depositata il 1° settembre 2025, ha annullato con rinvio la decisione della Corte di appello di Caltanissetta che aveva confermato la condanna di primo grado di alcune società per illecito amministrativo ex artt. 5, lett. a), e 25-septies D.lgs. 231/2001. La pronuncia segna un passaggio significativo nel sistema della responsabilità da reato degli enti, riaffermando che l’autonoma responsabilità dell’ente si fonda sulla colpa di organizzazione e non sulla mera colpa della persona fisica autrice del reato presupposto. In tale prospettiva, la Suprema Corte ha riconosciuto un ruolo centrale al meccanismo presuntivo di conformità dei modelli organizzativi certificati secondo standard accreditati, imponendo ai giudici di merito una valutazione concreta e non meramente formale della loro idoneità preventiva. La decisione si pone, dunque, come una possibile svolta sistematica nell’interpretazione dell’adeguatezza dei modelli organizzativi, con significative ricadute applicative sul perimetro della responsabilità degli enti.
La Corte di Cassazione civile, Sez. lav., con la sentenza 29 agosto 2025, n. 24201, interviene nuovamente sulla disciplina del patto di prova, rafforzando un orientamento interpretativo che ne subordina la validità alla sua effettiva causa contrattuale. La pronuncia chiarisce che il recesso datoriale, esercitato in pendenza di un patto nullo per vizio genetico, non gode della libera recedibilità tipica dell'istituto, ma si converte de iure in un licenziamento illegittimo, attivando il corrispondente regime sanzionatorio.
Il tanto discusso D.L. 11 aprile 2025, n. 48 (c.d. decreto Sicurezza), convertito in L. 9 giugno 2025, n. 80, ha toccato anche il sistema dell’ordinamento penitenziario con modifiche che – come nel caso dell’abrogato differimento obbligatorio dell’esecuzioni per le condannate incinte e per le madri di infanti fino ad un anno – anziché risolvere il problema carcerario, vanno in direzione opposta, lasciando irrisolte annose questioni di diritto transitorio e sospetti di incostituzionalità.
Il tema dei controlli del datore di lavoro sul comportamento dei suoi dipendenti, in ambito non solo lavorativo, è un argomento da sempre molto delicato e dibattuto che, negli ultimi anni, anche a causa della pervasività ed invasività dei moderni strumenti informatici e di riproduzione audiovisiva (telecamere, registratori, software informatici, smartphone, pc, tablet, GPS, Telepass, ecc.), è stato oggetto di numerose pronunce della giurisprudenza che sono intervenute per stabilire sino a che punto può ritenersi legittima l’attività di controllo datoriale, tenuto conto del legittimo diritto alla privacy da parte del lavoratore.
La società che interviene in giudizio, assumendo di essere divenuta titolare del credito a seguito di scissione parziale, è tenuta a dimostrare la propria legittimazione, producendo l’atto di scissione da cui sia possibile individuare l’asset attivo che le è stato assegnato, non essendo a tali fini sufficiente la produzione della pubblicazione dell’avviso della cessione nella Gazzetta Ufficiale. In questo modo si è espresso il Tribunale di Salerno con la sentenza 3 giugno 2025.
Il D.M. 37/2018, avendo modificato l’art. 12 D.M. 55/2012, ha escluso la possibilità di derogare ai minimi tariffari, precisando che la riduzione, rispetto al valore medio di liquidazione non può essere superiore alla misura del 50% (per la sola fase istruttoria fino al 70%), mentre l'aumento può essere anche superiore alla percentuale fissata di regola nell'80%. La novità della rivista formulazione della disposizione consiste nell’aver eliminato, quanto al potere di riduzione del giudice, l’espressione «di regola» che aveva, invece, giustificato l’interpretazione precedente volta a consentire, sia pure con motivazione, la liquidazione anche al di sotto dei minimi tariffari. Ne consegue l’illegittimità del decreto di liquidazione dei compensi per l’attività prestata dall’avvocato in regime di patrocinio a spese dello Stato, che ometta di riconoscere il compenso per l’attività introduttiva. È quanto si legge nell’ordinanza della Cassazione civile 5 settembre 2025, n. 24600.
Le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione con la sentenza 5 settembre 2025, n. 30355 hanno dato risposta al seguente quesito: «Se, in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest'ultimo possa rivendicare esclusivamente l'effettiva titolarità e la proprietà dei beni confiscati ovvero sia legittimato a contestare anche i presupposti per l'applicazione della misura, quali la condizione di pericolosità, la sproporzione fra il valore del bene confiscato e il reddito dichiarato, nonché la provenienza del bene stesso».
Le nuove tecnologie costituiscono una risorsa fondamentale per l’innovazione, la trasparenza e l’efficienza dei processi pubblici ed economici. Allo stesso tempo, esse rappresentano un terreno fertile per fenomeni corruttivi e infiltrazioni mafiose, che sfruttano strumenti digitali avanzati per riciclare capitali illeciti. Blockchain, criptovalute e dark web offrono opportunità ma anche rischi rilevanti in termini di sicurezza e legalità. Le organizzazioni criminali dimostrano capacità di adattamento e impiego strategico di tali strumenti allo scopo di rafforzare il controllo sui mercati e sugli appalti.
Sicuro interesse riveste la sentenza n. 11544 del 1° agosto 2025 del Tribunale di Roma che ha risolto una controversia fra cliente e banca avente ad oggetto un contratto derivato denominato Plain Vanilla. Poiché il derivato Plain Vanilla presenta caratteristiche prestabilite ed è privo di opzioni in fase esecutiva, non costituisce causa di nullità l’omessa indicazione al cliente degli scenari probabilistici e del modello di pricing, ove gli sia stato comunicato il Mark to Market al momento della conferma del contratto. Tale è il decisum del Tribunale di Roma.
La Cassazione civile, sez. I, ordinanza interlocutoria 23 agosto 2025, n. 23797 ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di una minore e dell’altro genitore all’interno di un giudizio afferente l’adottabilità, ribadendo che il minore e i genitori vanno qualificate quali “parti necessarie” del procedimento di adottabilità ed hanno una legittimazione autonoma, che li rende litisconsortili necessari in ogni grado di giudizio.
In merito all’inadempimento contestato all’amministratore di società di capitali consistente nell’indebito prelievo di somme di danaro dalle casse sociali, la natura contrattuale della responsabilità di costui consente alla società che agisce per il risarcimento del danno (o al curatore in caso di suo sopravvenuto fallimento) di limitarsi ad allegare l’inadempimento dell’organo gestorio, restando a carico dell’amministratore convenuto di dimostrare l’utilizzazione delle somme nell’esercizio dell’attività d’impresa. In questo modo si è espresso il Tribunale di Firenze con la sentenza 10 giugno 2025, n. 1999.
I criteri ambientali minimi (CAM) sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo tutto il ciclo di vita dell’intervento pubblico. La regolazione dei CAM va rinvenuta nella lex specialis dato che essi sono, di volta in volta, elementi essenziali dell'offerta o elementi per l’attribuzione di un punteggio premiale. Nel redigere la lex specialis devono essere chiaramente indicati i criteri ambientali minimi e gli standard di qualità attesi. Nel caso vengano formulate censure volte a contestare in radice le regole della gara, relative all’inserimento dei CAM nella lex specialis di gara, che configurino un’ipotesi di genericità tale da impedire la formulazione di un’offerta meditata e consapevole, si ricade in un’ipotesi di bando contenente gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta; le suddette censure devono, quindi, essere rivolte tempestivamente avverso la lex specialis con la sua immediata impugnativa, che non può essere posticipata all’esito dell’aggiudicazione ad altro concorrente. Lo stabilisce il Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 25 luglio 2025, n. 6651.